Chi ha l’orecchio assoluto può distinguere all’istante, e senza pensarci, l’altezza esatta di qualsiasi nota, senza bisogno di riflettere. Per la maggior parte di noi, la capacità di riconoscere l’altezza esatta di un suono appare misteriosa, quasi che si trattasse di un altro senso. Spesso, chi ha l’orecchio assoluto lo paragona alla percezione del colore: queste persone «sentono» la qualità di un sol diesis in modo istantaneo e automatico, proprio come noi «vediamo» l’azzurro. Nonostante possa sembrare un piacevole senso supplementare che consente di cantare o annotare istantaneamente qualsiasi musica collocandola all’altezza corretta, l’orecchio assoluto può anche causare qualche problema. Uno di essi è collegato all’accordatura non sempre costante degli strumenti musicali.
Quando aveva sette anni, Mozart confrontò il suo piccolo violino con quello del suo amico Schactner e disse: «Se non hai più cambiato l’accordatura del tuo violino da quando l’ho suonato io l’ultima volta, rispetto al mio è calante di un quarto di tono».
L’accordatura di uno strumento passerebbe inosservata a chi fosse privo di orecchio assoluto, ma per coloro che ne sono dotati può essere molto fastidioso e risultare addirittura paralizzante. Quando ascolta un pezzo di musica familiare suonato nella tonalità sbagliata chi è dotato di orecchio assoluto dà spesso segni di agitazione e disagio. Per capire come può essere, immaginate di andare al mercato e di scoprire che, all’improvviso, tutte le banane sono arancioni, la lattuga gialla e le mele viola!
L’orecchio assoluto non necessariamente riveste una grande importanza per gli stessi musicisti: se è vero che Mozart lo aveva, Wagner e Schumann ne erano privi. Fra i musicisti, poi, l’orecchio assoluto è più comune in quelli che hanno ricevuto un’educazione musicale precoce. Non sempre, tuttavia, questa correlazione regge: molti musicisti di talento non sviluppano un orecchio assoluto nonostante abbiano iniziato in tenera età a studiare seriamente la musica.
Aristotele disse che gli occhi sono gli organi della tentazione, le orecchie quelli dell’istruzione.
L’orecchio non riceve solo il suono ma, inviandolo direttamente al cervello, innesca un processo creativo del pensiero. L’essere umano può chiudere gli occhi, se vuole. Invece non può chiudere le orecchie. Il suono ha una forza di penetrazione fisica sulla quale l’essere umano non ha alcun controllo. L’orecchio comincia a formarsi nel feto già dal quarantacinquesimo giorno di gravidanza, in anticipo di sette mesi e mezzo sull’occhio. Ma nella nostra società, dopo la nascita, l’udito è spesso trascurato e l’attenzione si concentra in maniera pressoché esclusiva sulla vista. L’educazione all’ascolto forse è molto più importante di quello che possiamo immaginare, non solo per lo sviluppo di ogni individuo, ma anche per il funzionamento della società.
L’abilità di ascoltare in una fuga, diverse voci insieme cogliendo l’esposizione di ciascuna di esse separatamente, la capacità di ricordare un tema che fece la sua prima comparsa per poi subire un lungo processo di trasformazione, e che ora ricompare in una luce differente, sono tutte qualità che accrescono la comprensione. Forse l’effetto cumulativo di tali capacità e competenze potrebbe formare esseri umani più adatti ad ascoltare e a comprendere punti di vista diversi fra loro, esseri umani più abili nel valutare il proprio posto nella società e nella storia, esseri umani più pronti a cogliere non le differenze fra loro ma le somiglianze fra tutti.